Questa è la storia di Giuseppe, un bimbo che oggi ha 6 anni, rinchiuso e dimenticato in casa famiglia da un anno.
Fino ai 5 anni, Giuseppe ha vissuto insieme a mamma e papà a casa della nonna. Mamma e papà lavoravano per assicurargli una vita serena e la nonna lo accudiva. Poi i genitori iniziano a litigare. Litigi brutti, ma Giuseppe è al sicuro con la nonna. Partono le denunce, poi riappacificazioni, poi litigi. La mamma va via di casa ed il piccolo resta con la nonna ed il papà. Finchè un giorno Giuseppe viene portato in casa famiglia nel gennaio scorso, su relazione dei servizi sociali. Restare con la nonna per Giuseppe non è positivo. Per il Tribunale i genitori devono fare un percorso di sostegno e certificare che sono idonei.
Il papà si rivolge al nostro studio solo dopo che Giuseppe era oramai stato condotto nell’istituto.
E’ fine febbraio. Arriva il Covid. Giuseppe piange, si dispera, chiuso in casa famiglia. Sospettano che abbia problemi psicologici, ma la visita medica gli riscontra una sindrome da abbandono. Chissaà perchè….Giuseppe è stato strappato alla nonna e ai genitori. Il papà, con la guida del nostro studio, muoverà mari e monti per iniziare un percorso di sostegno con una psicologa dell’Asl competente in collaborazione con i servizi sociali.
Gli enti pubblici ed Asl si passano la palla e le responsabilità. L’emergenza sanitaria ferma tutto. Tribunali, uffici, incontri con il bambino. Giuseppe può vedere mamma e papà attraverso una videochiamata. Una sola a settimana. Il papà chiede almeno tutti i giorni, almeno due giorni. No! Niente, solo una misera videochiamata a settimana. Perchè? Perchè potrebbe far male a Giuseppe!! Le istanze cadono nel vuoto. I tribunali sono deserti. Tutto chiuso Arriviamo a maggio. Deve svolgersi udienza. Non è stato possibile fare il percorso perchè gli uffici per il Covid non hanno lavorato. L’udienza viene slittata ad ottobre. Sono mesi in cui Giuseppe continua a restare in casa famiglia. Vede il papà solo in videochiamata. E così la sua mamma. Giuseppe piange. La nonna che lo ha cresciuto non può incontrarlo. Il piccolo chiede della nonna ma nessuno gli da risposta. Finalmente dopo solleciti del nostro studio, il papà inizia il percorso di sostegno. La psicologa lo ascolta, lo valuta. E’ un bravo papà. Ha anche un altro bambino che vive con lui, il fratellino di Giuseppe. Papà Giovanni vuole crescere anche l’altro figlio, vuole riportarlo a casa. La relazione è positiva, il papà di Giuseppe è idoneo. Per i servizi sociali, l’ambiente familiare è accogliente, sereno. Il papà lavora, può provvedere al suo piccolo. Udienza è ad ottobre ma la relazione non arriva. L’attesa è tanta. Ritornano i contagi e chiude tutto. Udienza rinviata a marzo per contenimento contagio. E Giuseppe è ancora lì. Dicono che stia bene, ma Giuseppe ha diritto ad una famiglia. E’ rimasto solo. Sono andati via tutti. “Papà fammi uscire…”
Il papà presenta una istanza urgente in Tribunale con allegata la relazione dell’ASL e dei Servizi Sociali che ha le capacità per svolgere il ruolo di padre. Si avvicina Natale. E’ dicembre 2020. Giuseppe potrebbe tornare a casa, aprire i regali sotto l’albero, abbracciare il suo fratellino, dormire nella sua stanzetta. Riabbracciare la nonna. Il giudice risponde all’istanza: “Non è urgente”. Si conferma l’udienza di Marzo 2021.
Giuseppe è ancora lì. Il papà è idoneo. Ma per la giustizia, far ritornare Giuseppe a casa dal papà non è urgente. Non è una priorità.
Non dobbiamo mai smettere di combattere contro le distorsioni della giustizia a tutela dei bambini. Un sistema giudiziario per cui l’interesse del bambino ad una famiglia non è urgente è un sistema malato che va cambiato.
Continueremo a combattere per tutti i papà e per i loro bambini. Affidatevi ad un avvocato esperto.
Alla fine si dovrebbero risolvere con un indennizzo di cifre colossali , perché i danni riportati dal bambino sono enormi , questo è l’unico sistema per fermare queste ingiustizie , risarcimenti dal milione di euro in su
Giustissimo. Ma la cifra dovrebbe essere uscire dalle tasche di chi ha sbagliato o ha detto “non è urgente”…..
Io attualmente sono nuovamente rinchiusa in una casa famiglia dopo aver denunciato il compagno per violenza domestica.
Lui è al CTA e ha avuto un figlio con un altra donna, non abbiamo più contatti, ognuno per la sua strada.
E’ stata svolta una perizia dove lo psichiatra non mi ha ritenuta adeguata: una relazione di 40 pagine dove si descrivono solamente i lati del mio carattere: tende a vittimizzarsi, ho letto… ed ha richiesto l’accompagnamento genitoriale.
Avevo una casa in affitto che pagavo con dei sussidi in attesa di completare il corso OSA e OSS…
Le assistenti sociali mi hanno obbligata a comunicare all’Inps, e non posso più pagare la casa.
Ho tuttavia il sostegno dei miei genitori e del mio nuovo compagno, ma per continuare a pagarmi la casa e non restare in mezzo una strada una volta uscita, stiamo prosciugando tutto il conto in banca che serviva per l’acquisto di una casa.
Ho chiesto spiegazioni di base a questo psichiatra, del perchè io non sono stata reputata adeguata, cosa ho sbagliato a rispondere, dato che si sono basati solo su delle domande e test di Rosarch… ho studiato psicologia.
So curare benissimo le mie figlie.
Perchè ci stanno vittimizzando un altra volta?
Perchè ci stanno rubando la vita, non posso neanche uscire sola con mia figlia, non usciamo mai da qui e i giorni sembrano non avere più senso.