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voglio fare il papà, padre separato

“Vorrei solo poter fare il papà” La menzogna dell’affido condiviso come applicato nei Tribunali. Ecco cosa si deve fare

Voglio fare il papà” Questa è la frase, il desiderio doloroso, che ascolto sempre più spesso nelle numerose consulenze e videoconsulenze che sto ricevendo da ogni parte di Italia ed anche dall’Europa. Poter continuare a svolgere il ruolo di genitore, coltivare il rapporto con i figli, condividere spazio, tempo, risate, gioie e dolore, questo è ciò per cui lottano molti genitori e sempre più spesso i papà.

L’affido condiviso riconosciuto dalla legge dovrebbe garantire ai figli una bigenitorialità, una crescita in cui entrambe le figure genitoriali esercitano il proprio ruolo nella educazione, cura, mantenimento. Purtroppo, nella prassi dei tribunali italiani, nonostante le lotte e gli orientamenti favorevoli, si assiste ad una negazione di tali principi. I provvedimenti sono quasi sempre standard, con la previsione di una collocazione presso un genitore ed un calendario di visita “ad ore” per l’altro che inevitabilmente diventa la figura genitoriale meno presente, meno riconosciuta, con meno diritti e solo doveri. Talvolta, il genitore con cui vive il minore ritiene di essere la figura prevalente anche nel concreto esercizio della responsabilità genitoriale, causando una esclusione dell’altro.

Assistiamo sistematicamente a madri che impediscono ai papà di incontrare i figli, negano il pernotto, rifiutano gli incontri con i nonni dell’altro ramo genitoriali, strumentalizzano i figli come arma di ricatto per ottenere il mantenimento.

In questa settimana, ho incontrato molte mamme presso il mio studio. La mia soddisfazione è stata ascoltarle nel desiderio principale di garantire al massimo per i loro figli la presenza del padre. Ho percepito il vero amore per i figli, l’equilibrio di tener distinti il ruolo di coniuge dal ruolo di genitori.

Purtroppo, ho anche incontrato tanti papà con storie drammatiche, che subiscono l’umiliazione di accuse infamanti, che talvolta fanno chilometri per vedere i loro figli senza riuscire ad incontrarli, che ricevono la lista degli scontrini da pagare ma non possono vivere con i minori la gioia di vederli crescere, ridere, giocare.

E’ triste constatare che la giustizia è lenta talvolta a punire i genitori che ledono i diritti dei figli a poter avere due genitori con gli stessi doveri e diritti.

Le famiglie in crisi naufragano sempre di più nella lentezza dei processi. La prassi dei tribunali è ancora lontana dal garantire una reale uguaglianza tra i genitori così come si ispirava la legge del 2016 sull’affido condiviso. Già nel 2015, il Consiglio d’Europa ha invitato gli Stati ad eliminare ogni differenza tra i genitori ed assicurare una reale uguaglianza genitoriale.

Attualmente non vi è una reale applicazione dell’affido condiviso. L’affidamento materialmente condiviso è da intendersi come la migliore realizzazione delle esigenze della prole di usufruire di una equilibrata relazione emotivo-relazionale con le due figure genitoriali.

La menzogna dell’affido condiviso

L’affidamento condiviso introdotto nel 2006 è stato disatteso per anni grazie a discutibili prassi, create dai tribunali, con le seguenti regole giurisprudenziali:
a) genitore di serie A cosiddetto “collocatario”, quasi sempre la mamma, così di fatto adottando il criterio della maternal preference;
b) genitore di serie B cosiddetto “non collocatario” ma mero “frequentatore” (come nei musei) per non oltre il 15% del tempo complessivo (weekend alternati, 15 giorni di vacanze estive);
c) mantenimento indiretto a carico del frequentatore con assegno mensile predeterminato a spanne (dal 25% ad oltre il 60%, senza riscontro dei costi) e con ulteriori spese straordinarie (che grazie a decine di protocolli, diversi a seconda di ogni tribunale, divengono poco imprevedibili) per metà;
d) spossessamento della casa familiare in favore esclusivo del genitore collocatario.

Senonché il legislatore volle proprio abbandonare la logica dell’affidamento esclusivo perché dannoso per l’interesse del minore, in favore di una condivisione della genitorialità, per poter assicurare al minore, dopo la separazione della coppia, la non scissione dei rapporti genitoriali, onde garantirgli un sereno sviluppo.

Il reale affido condiviso deve prevedere: tempi paritetici, mantenimento diretto per capitoli di spesa e assegno solo in via subordinata, con funzione perequativa, pregnanza della mediazione familiare, ascolto del minore.

Cosa fare?

Pretendere tale applicazione in ogni fase del processo di separazione. Affidarsi ad avvocati esperti in materia.

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