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Collocamento paritario

Collocamento paritario del minore: perché la madre prevale ancora?

Introduzione

Il tema del collocamento paritario del minore è al centro di numerosi dibattiti giuridici e sociali. Nonostante la riforma Cartabia e le linee guida sull’affido condiviso, nella prassi giudiziaria italiana permane spesso una disparità: i figli vengono collocati in via prevalente presso la madre. Questo fenomeno suscita lamentele crescenti tra i papà separati, che rivendicano il diritto a una presenza equilibrata nella vita dei figli.

Come avvocato matrimonialista, intendo analizzare le criticità della prassi e gli strumenti di tutela disponibili per i padri.

Cosa prevede la legge sul collocamento paritario

Il punto di riferimento per parlare di collocamento paritario è l’articolo 337-ter del codice civile. Questa norma stabilisce che il figlio ha diritto a mantenere un rapporto equilibrato e continuativo con entrambi i genitori, a ricevere da ciascuno di loro cura, educazione e istruzione, e a conservare relazioni significative con la famiglia allargata di entrambi i rami. Non si tratta quindi di un favore concesso ai genitori, ma di un vero e proprio diritto del minore.

In questo quadro, il collocamento paritario rappresenta l’applicazione più concreta del principio di bigenitorialità. Prevede che i tempi di permanenza siano divisi in maniera equilibrata tra madre e padre, senza che uno dei due diventi il genitore prevalente. È un modello che rafforza il ruolo paterno nella vita quotidiana, assicura una distribuzione più equa dei compiti e delle responsabilità e risponde allo spirito della riforma Cartabia, che ha voluto sottolineare la centralità della presenza di entrambi i genitori.

Spesso si tende a confondere il collocamento paritario con l’affido condiviso, ma si tratta di concetti distinti. Con l’affido condiviso entrambi i genitori mantengono la responsabilità sulle decisioni più importanti riguardanti la vita del figlio – dalla scuola alla salute fino alla residenza. Il collocamento, invece, riguarda la quotidianità: significa decidere con chi vive il minore e quanto tempo trascorre con ciascun genitore. Nella pratica, capita frequentemente che i tribunali dispongano l’affido condiviso ma, di fatto, lascino la collocazione prevalente presso la madre, con una conseguente disparità che finisce per penalizzare i papà separati. Anche in tema di assegnazione della casa familiare

Il giudice è chiamato a valutare ogni situazione concreta, spesso con l’aiuto dei servizi sociali o di un consulente tecnico. Tra i criteri da considerare ci sono l’età e le abitudini del minore, la distanza tra le abitazioni dei genitori e la scuola, la compatibilità degli orari di lavoro e, soprattutto, la capacità di cooperazione tra madre e padre. Quando questi fattori sono presenti, il collocamento paritario dovrebbe rappresentare la soluzione naturale, in linea con i principi sanciti dalla legge e con le migliori prassi europee.

In questo scenario il ruolo del migliore avvocato matrimonialista è determinante. Dimostrare con prove concrete che il padre è in grado di offrire stabilità, presenza e continuità significa scardinare la consuetudine che vede ancora troppo spesso prevalere la madre come genitore collocatario. Solo con un’assistenza legale specializzata è possibile trasformare il principio di bigenitorialità in un diritto effettivo, garantendo ai figli la possibilità di crescere con entrambi i genitori in modo equilibrato.oerente con i principi di legge e con le migliori prassi europee.

La realtà della prassi giudiziaria

Se sulla carta la legge riconosce pari dignità a entrambi i genitori, nei tribunali italiani la realtà appare diversa. Nonostante il principio del collocamento paritario, i giudici continuano a preferire la madre come genitore collocatario, richiamandosi spesso alla sua presunta “maggior disponibilità” o al bisogno di garantire stabilità al minore. Si tratta però di una motivazione che, in molti casi, non trova un reale riscontro nei fatti.

Capita frequentemente che il padre abbia orari di lavoro più compatibili con le esigenze scolastiche ed extrascolastiche dei figli, oppure che possa contare su una rete familiare di sostegno più ampia e concreta. Non di rado la sua abitazione è persino più vicina alla scuola o alle attività quotidiane, riducendo tempi e spostamenti. Eppure, nonostante questi elementi oggettivi, la figura paterna viene ancora troppo spesso relegata a un ruolo secondario, con tempi di frequentazione limitati e il peso economico del mantenimento invariato.

Questa prassi crea una vera e propria disparità di trattamento che penalizza i papà separati, i quali si trovano a dover lottare non solo per il riconoscimento dei propri diritti, ma anche per affermare il diritto del figlio a crescere con entrambi i genitori in modo equilibrato. È il riflesso di uno stereotipo culturale radicato, che continua a considerare la madre come figura prevalente per definizione, ignorando che l’interesse superiore del minore si realizza solo quando entrambi i genitori vengono realmente messi sullo stesso piano.

In questo contesto, l’assistenza del migliore avvocato matrimonialista diventa fondamentale per ribaltare un orientamento che rischia di trasformarsi in una regola non scritta: dimostrare con dati concreti la disponibilità e l’idoneità del padre significa non solo difendere i suoi diritti, ma soprattutto garantire una bigenitorialità effettiva.

I papà separati e la lotta per la parità

Per molti papà separati, ottenere un rapporto equilibrato con i figli non è un diritto immediatamente riconosciuto, ma una battaglia da combattere davanti al giudice. La mancanza di un vero collocamento paritario si traduce infatti in conseguenze concrete e spesso dolorose. Il tempo passato insieme ai figli si riduce drasticamente, con il rischio di indebolire il legame affettivo costruito negli anni. A ciò si aggiunge un’asimmetria economica: anche quando il padre sostiene direttamente spese mediche, scolastiche o per attività sportive, resta comunque gravato da assegni di mantenimento spesso calibrati come se fosse genitore marginale.

Il risultato è una percezione diffusa di esclusione dal ruolo genitoriale, quasi che la paternità venga confinata ai fine settimana alternati o a momenti occasionali, senza una reale continuità nella vita quotidiana del minore. Questa condizione di disparità è esattamente il tema che ho affrontato nel mio libro La battaglia dei papà”, in cui racconto storie, difficoltà e strategie legali di tanti padri che si sono trovati a dover dimostrare, quasi controvento, la loro capacità di essere genitori presenti e affidabili.

Il principio di bigenitorialità, che la legge riconosce come fondamentale, non dovrebbe trasformarsi in un privilegio concesso caso per caso, ma in un diritto concreto e garantito. La lotta dei papà separati è quindi una lotta per l’equilibrio, per la dignità del loro ruolo e, soprattutto, per l’interesse dei figli, che hanno bisogno di crescere con entrambi i genitori come figure di riferimento stabili.

La tutela legale per ottenere il collocamento paritario

In questo contesto il ruolo di un avvocato matrimonialista esperto diventa centrale. Difendere un padre che chiede il riconoscimento del collocamento paritario significa prima di tutto portare all’attenzione del giudice elementi concreti della sua quotidianità: orari di lavoro compatibili, presenza costante nella vita dei figli, partecipazione alla scuola e alle attività extrascolastiche, capacità di gestione delle esigenze pratiche e affettive. Non basta affermare la propria disponibilità, occorre dimostrarla con prove documentali, testimonianze e un piano organizzativo credibile.

Allo stesso tempo, è fondamentale scardinare quegli stereotipi che vedono ancora la madre come genitore “naturalmente” più adatto a occuparsi dei figli. La giurisprudenza più attenta e la stessa riforma Cartabia hanno sottolineato come la bigenitorialità effettiva non sia un principio astratto, ma un diritto concreto del minore. In questa prospettiva, il compito dell’avvocato è quello di trasformare tale principio in una realtà processuale, facendo leva sia sulla normativa nazionale sia sulle convenzioni internazionali, come la CEDU, che ribadiscono l’uguaglianza dei ruoli genitoriali.

Il lavoro difensivo diventa quindi un percorso a più livelli: documentare la presenza del padre, contrastare le letture stereotipate della figura paterna e inquadrare la richiesta all’interno del diritto superiore del minore a mantenere un rapporto equilibrato con entrambi i genitori. Solo così il papà separato può vedere riconosciuta non una concessione, ma un vero e proprio diritto.

Qualora desideri una consulenza al nostro studio sulla tua questione personale è necessario prenotare un colloquio specifico inviando sms whatsapp al numero 3514710155 oppure scrivendo email ad avvocatodicaprio@gmail.com

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